Vorrei replicare alle parole di Riccardo
Noury, portavoce di Amnesty International intervistato da Laura, una
delle blogger di Narrazioni Differenti.
In primo luogo, ritengo molto
grave che non siano state attentamente ascoltate dall'organizzazione le
sopravvissute alla prostituzione, che si trovano nella migliore condizione per
poter valutare una situazione che esse ritengono
costituisca una forma particolarmente violenta di mercificazione degli esseri
umani.
Riporto qui le parole di due di loro: Marie-Josée Michaud e Rose Sullivan:
"Benché sosteniate di voler evitare che questa
industria faccia delle vittime, ignorate la voce di chi ne è uscita e sa che è
impossibile regolamentare la violenza.
La nostra esperienza ci ha permesso di constatare che
è impossibile regolamentare la prostituzione in modo tale che i prodotti umani
siano in essa rispettati. Finché continuerete a sostenere che è possibile
gestire un mercato nel quale gli esseri umani sono i principali prodotti, noi
continueremo a denunciare la vostra posizione e ad invitare la popolazione a boicottarvi"
Ritengo poi essenziale differenziare
rigorosamente l'approccio giuridico proibizionista che prevede l'applicazione
di una sanzione, penale o pecuniaria, a tutti gli attori del sistema,
prostitute incluse, da quello abolizionista che non punisce queste ultime.
Vorrei ricordare, en passant,
che esistono Paesi che hanno adottato una politica imperniata sulla
regolamentazione e che pure irrogano pesanti sanzioni pecuniarie e, talora penali,
nel caso di mancato pagamento delle multe, alle prostitute che non si attengono
scrupolosamente alle prescrizioni normative. Due soli esempi? L'Austria e la
Svizzera.
Sì, proprio la Svizzera, il Paese tanto decantato
dai sostenitori e dalle sostenitrici nostrane della regolamentazione.
Vorrei soffermarmi poi più
estesamente su questa affermazione di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International:
"la sanzione al
cliente ha una sua logica diciamo etica, ma potrebbe rappresentare una indiretta forma di
violazione dei diritti delle e dei sex worker. Si
ritroverebbero di fatti obbligate a accettare clienti più pericolosi, il loro
lavoro diventerebbe ancora più rischioso".
A
commento di questa asserzione, riporto
anzitutto alcuni dati sulla violenza nei confronti delle prostitute commessa negli
Stati che ispirano la loro politica alla regolamentazione. Sono cifre riportate
in un mio articolo pubblicato sul blog di Massimo Lizzi.
Secondo il
rapporto prodotto dal governo della Nuova Zelanda nel 2008 “la maggioranza
delle sex workers intervistate ha sostenuto che la decriminalizzazione della
prostituzione poteva fare ben poco per ridurre la violenza esercitata” nell’industria
del sesso. [justice.govt.nz
p.14]
Nel Nuovo
Galles del Sud (Australia), un ufficiale di polizia che si occupa della tratta
ha così commentato gli effetti della regolamentazione: “Benché l’intenzione fosse quella di offrire
un ambiente di lavoro sicuro alle sex workers, è accaduto il contrario, vale a
dire che i magnaccia e i gestori dei bordelli hanno acquisito più potere e si
sono arricchiti” A Victoria, in Australia, un funzionario di polizia
si è lamentato che “molti
bordelli non vengano controllati da anni“, mentre il Project Respect,
un’organizzazione che offre aiuto alle donne nella prostituzione, ha sostenuto
che l’accesso ai locali dove si praticano rapporti mercenari “è limitato e a discrezione della direzione
di ciascun bordello“. [Jacqui
Hunt, Direttrice di Equality Now, ufficio di Londra]
Neppure
l’installazione di dispositivi come i pulsanti di emergenza nelle stanze ove si
esercita la prostituzione garantisce la sicurezza delle persone che la
praticano. Nei Paesi Bassi, dove, teoricamente, tutte le camere dei bordelli e
delle vetrine dovrebbero esserne provviste, il
70% delle donne prostituite confessa di aver subito uno stupro nell’esercizio
della propria attività.
In Colombia
il 59%, in Germania il 52%, in Messico (dove sono state intervistate anche le
lap dancers) il 48%, in Turchia il 68% delle donne prostituite sono state
minacciate con armi. Negli stessi Paesi rispettivamente il 70%, il 61%, il 59%,
l’80% di loro ha subito violenze fisiche; il 47%, il 63%, il 46% e il 50% di
loro è stata stuprata. Sono dati ricavati da uno studio
di Melissa Farley del 2003 (pag.43) e si riferiscono a Stati che hanno
adottato una normativa di regolamentazione della prostituzione.
Vi sembrano
accettabili i rischi corsi dalle prostitute in questi Paesi? I loro diritti, alla vita e all'integrità
fisica in primis, vi paiono rispettati? Amnesty conosce questi dati? E quelli ufficiali sulla violenza nei confronti delle prostitute prodotti dal governo tedesco o, per quanto riguarda
Amsterdam, da un'associazione favorevole alla prostituzione come TAMPEP? Non bastano queste cifre ad indurre a considerare
la prostituzione un'istituzione violenta e contraria ai diritti umani? Che cosa
ci vuole ancora per ammetterlo? La nostra azione e quella di un'organizzazione
che si propone tutelare i diritti umani non dovrebbe essere diretta, anziché
alla normalizzazione della prostituzione, alla pressante richiesta rivolta ai governi di
introdurre un reddito garantito e di implementare politiche sociali e del
lavoro che offrano valide alternative all'89% delle donne che, secondo uno
studio di Melissa Farley, vorrebbero cessare di praticare la prostituzione? E
non dovremmo ingaggiare una battaglia culturale che produca un mutamento della
sessualità maschile e del modo di concepire la donna?
Perché non
si può regolamentare la violenza, scrivono le due sopravvissute alla
prostituzione Marie-Josée
Michaud e Rose Sullivan. No, non si può.
Ma proseguiamo il discorso. La
Svezia, si è sostenuto, ha adottato una legge di criminalizzazione dei clienti
che ha prodotto un incremento della
violenza nei confronti delle prostitute. Questa idea è
ripresa in alcuni articoli, in particolare di Laura Agustin, e in certi
documenti, soprattutto in un breve
riquadro (p.38) del rapporto della Commissione mondiale sull'HIV delle Nazioni Unite del 2012.
Tuttavia, come ha acutamente svelato la giornalista Florence Rovira Torres di Rue89,
( che ha dato prova di maggior rigore scientifico di Commissioni ONU e di celebri accademiche ),
una lettura scrupolosa delle fonti e della bibliografia di questi diversi
documenti dimostra che non esiste alcuno studio sistematico che consenta di
giustificare queste affermazioni. Gli articoli di Laura
Agustin pubblicati su blog e la maggior
parte dei rapporti che scrivono di un aumento della violenza nei confronti delle prostitute in Svezia o di
un deterioramento delle condizioni di lavoro rinviano a tre fonti, che
risalgono a 10 o più anni fa e - la
seconda, in particolare- non contengono affermazioni così categoriche come parrebbe
dai documenti che li citano.
La prima fonte è nota come
rapporto di Malmö ed è stata prodotta dalla polizia nel 2001. Su questa
relazione riporto la traduzione del corrispondente passo dell' articolo pubblicato dall'eccellente
giornalista Florence Rovira Torres:
Se, inizialmente, la polizia di Malmö (terza città
della Svezia) aveva notato con preoccupazione il deterioramento delle
condizioni della prostituzione di strada, oggi afferma che la situazione è
migliorata, trascorsi i primi tre anni dalla penalizzazione.
Nel 2001, due anni dopo la penalizzazione dei clienti,
un rapporto (conosciuto come il "rapporto di Malmö") della prefettura
della Scania (regione a sud della Svezia), richiesto dall'Ufficio nazionale
della polizia, aveva rilevato, in qualche paragrafo, la riduzione del numero
dei clienti della prostituzione di strada e la drastica diminuzione delle
tariffe. Secondo questo rapporto, le prostitute dovevano conseguentemente
moltiplicare i clienti e accettare rapporti senza preservativo.
La prefettura non indica le fonti dalle quali ha
ottenuto queste informazioni. Tuttavia, il rapporto è una delle principali
fonti delle tesi sull'aumento della violenza e le sue deduzioni sono state
riprese da un gran numero di pubblicazioni, soprattutto dal ricercatore Don Kulick in una rivista scientifica di alto livello
"Sono io ad aver fornito questa informazione agli
autori" - spiega a Rue89 Christer Thulin, investigatore della polizia di
Malmö, incaricato dal 1999 di perseguire gli "acquisti sessuali".
Afferma anche:
"I due autori non hanno fatto alcuna personale
ricerca".
Christer Thulin ritiene ancor oggi che la situazione
delle prostitute in strada si fosse effettivamente deteriorata nel primo anno
della penalizzazione. Conferma anche che questa situazione era legata, a
quell'epoca, al consumo di eroina:
"Nel 1999 c'erano circa 180 prostitute in strada a Malmö, l'80% delle quali erano
eroinomani. Le altre avevano un altro tipo di dipendenza o avevano malattie
psichiatriche".
Secondo questo poliziotto, la dipendenza induceva
queste donne a prostituirsi nelle
condizioni più rischiose, per potersi pagare la droga. Ora, dopo qualche anno,
spiega Christer Tulin, esse sarebbero riuscite ad uscire dalla prostituzione,
grazie ad un più facile accesso ai trattamenti sostitutivi con metadone.
"C'è voluto un po' di tempo per vederne gli effetti. Ma le prostitute che
si trascinavano nelle strade di Malmö nel 1999 hanno abbandonato la
prostituzione. Sappiamo che non si sono
spostate, cambiando il luogo ove si prostituiscono. Le incontro ogni tanto.
Oggi molte lavorano. Quelle che hanno ancora problemi, non si prostituiscono però e stanno meglio".
La direttrice dell'équipe di consulenza e di sostegno
di Malmö, Susanne Streer, si occupa delle prostitute della città. Spiega che
tutte quelle che lavorano in strada hanno gravi problemi di tossicodipendenza e
consumano eroina.
Tuttavia, oggi, invece di 180, le assistenti sociali ne incontrano soltanto da 30 a 40 all'anno in strada.
E ciò, evidentemente, grazie
alla possibilità di fruire di trattamenti sostitutivi con il metadone che
eliminano la necessità di ricorrere alla prostituzione per procurarsi l'eroina.
La
seconda fonte è un rapporto dell'Ufficio
Nazionale della Salute e degli affari sociali svedese ("Socialistyrelsen)
sulla situazione nel 2003, che a p.9
giunge a una conclusione assai meno
perentoria di quella che parrebbe doversi dedurre dagli articoli e dai saggi
degli autori contrari alla legge svedese e favorevoli alla legalizzazione della
prostituzione:
Non possiamo dire con certezza se la violenza legata
alla prostituzione sia aumentata oppure no. Alcuni
informatori parlano di maggiori rischi per le prostitute, ma pochi hanno
osservato un aumento effettivo della violenza .
osservato un aumento effettivo della violenza .
La terza fonte è rappresentata da un rapporto del Ministero
della Giustizia norvegese del 2004 [riassunto on line ]
che si basa essenzialmente sulle due fonti precedenti. Ricordo che la Norvegia ha poi adottato il modello svedese.
Questo rapporto inizia notando che non esistono studi sul tasso di violenza nei confronti delle prostitute né sulle conseguenze della
legge e che non esistono prove documentali, né presso gli ospedali né presso
gli uffici di polizia, che attestino un aumento o una diminuzione della
violenza.
Gli autori hanno, tuttavia, raccolto due testimonianze che
indicherebbero una recrudescenza della violenza:
- l'ostetrica di Malmö Helena Cevers - che secondo Christer
Thulin è però anche una delle fonti del "rapporto di Malmö"-
affermava di aver ricevuto la visita di un maggior numero di donne abusate dopo
la penalizzazione.
- la seconda testimonianza è quella di un anonimo impiegato di un centro per le donne SDF, che sosteneva che le donne dovevano ora
"assumere le proprie decisioni rapidamente, senza assicurarsi della bontà
del cliente".
La sua opinione non è
condivisa da operatrici del settore come Karin Sidenvall, assistente sociale e
terapeuta da diversi anni al Centro sulla prostituzione di Stoccolma (un centro
specializzato pubblico e gratuito), che, intervistata da Rue89, ritiene che
l'idea di un deterioramento delle condizioni di lavoro delle prostitute a causa
della penalizzazione dei clienti sia un mito:
"Le persone che vengono da noi non parlano di un peggioramento delle condizioni. E non mi hanno mai parlato di clienti più
violenti dopo la penalizzazione. Noi notiamo, al contrario, che esse
percepiscono la legge come un riconoscimento della loro sofferenza. Per loro,
questa legge riconosce che la prostituzione è una violenza ".
Concludendo: non esiste,
quindi, alcuno studio che dimostri che la penalizzazione dei clienti abbia
prodotto in Svezia gli effetti nefasti paventati. Si potrebbe, al contrario,
ipotizzare che l'illegalità dell'acquisto degli atti sessuali costituisca uno
strumento di difesa delle prostitute che possono minacciare di denunciare i
clienti, nel caso in cui questi intendano ricorrere alla violenza.
Vorrei ricordare, inoltre, che
in Svezia esiste un' associazione di prostitute assolutamente favorevole alla
legge. Si chiama PRIS.
Va rilevato, poi, come l'idea
che la penalizzazione dei clienti produca la clandestinità della pratica
prostituzionale non tiene conto del fatto che
i rapporti sessuali sono già di per sé, com'è ovvio, sottratti agli sguardi degli osservatori.
Se si è inoltre convinti,
malgrado non esista alcuno studio che lo dimostri, che la prostituzione in
Svezia si sia quasi interamente trasferita
su Internet, questo non significa che sia diventata clandestina, occulta,
sommersa, come giustamente osserva il commissario di polizia Jonas Trolle:
"Non è difficile individuare le donne.Le scopriamo nello stesso modo in cui le trovano i clienti: per mezzo dei forum
in rete e degli annunci", giacché i rapporti sessuali
mercenari, ovviamente, devono essere pubblicizzati.
[Qui la traduzione in francese dell'articolo:
http://ressourcesprostitution.wordpress.com/category/allemagne/]
Sulla
prostituzione in Svezia vi invito soprattutto a leggere il dossier predisposto da Didier Bois dell'organizzazione ZéroMacho da me tradotto.
Ne riporto
ampi stralci:
La Cancelliera
della Giustizia svedese, così come i procuratori e i poliziotti ( che sono
tutti persone attendibili) e gli assistenti sociali attestano che le persone
prostituite dicono loro di sentirsi più
sicure in Svezia che negli altri Paesi in cui hanno venduto sesso. I
magistrati e i poliziotti comprovano anche il successo del modello nordico di
divieto di acquisto dei rapporti sessuali, "uno sbarramento contro la
tratta", e smentiscono la leggenda della clandestinità diffusa negli altri
Paesi europei dall'industria del sesso.
Il rapporto governativo di
valutazione della legge (2010)
In Svezia una
commissione indipendente e presieduta dal Cancelliere della giustizia ha
concluso che la legge ha avuto effetti sostanzialmente positivi su tutte le
persone coinvolte (ad eccezione dei magnaccia, dei trafficanti e dei clienti).
il numero delle prostitute di strada si è ridoto della metà.
Evoluzione
della mentalità: il 13,6% degli uomini pagava "prestazioni sessuali"
prima del 1999 e la maggioranza della popolazione era contraria alla
legge. Oggi, meno dell'8% degli uomini
acquista prestazioni sessuali e il 70% della popolazione è favorevole alla
legge di criminalizzazione dell'acquisto dei rapporti sessuali.
La
prostituzione in rete è aumentata in Svezia come altrove e non è attribuibile
alla legge, ma allo sviluppo di Internet. Si trovano molti più annunci on line
nei Paesi vicini.
Dopo aver
ascoltato le testimonianze delle donne prostituite e delle ex prostitute, degli
assistenti sociali, dei poliziotti e di altre persone direttamente interessate,
nel 2010 la commissione ha concluso che
la legge rappresentava un ostacolo all'insediamento dei trafficanti e dei
magnaccia e aveva determinato una riduzione della criminalità organizzata.
Constatazioni dei
magistrati
La magistrata
internazionale di Stoccolma Lise Tamm, la Cancelliera della giustizia svedese
Anna Skarhed, il procuratore Thomas Ahlstrand di Göteborg hanno tutti
confermato l'efficacia del modello nordico (che penalizza i clienti) nella
repressione della tratta. Tutte queste persone attendibili hanno anche smentito
formalmente l'opinione che la legge abbia spinto alla clandestinità le persone
prostituite. Al contrario! Esse hanno affermato che le persone prostituite sono
più sicure grazie alla legge che vieta l'acquisto dei rapporti sessuali.
Il procuratore
Thomas Ahlstrand di Göteborg guardava con scetticismo alla legge del 1999.
Secondo il
procuratore svedese, la cosa è molto semplice: "Il divieto di acquisto di
sesso dà accesso alle organizzazioni sulla tratta delle persone, un accesso che
non avremmo mai avuto in caso contrario". (Marzo 2014).
La Cancelliera
della giustizia svedese, Anna Sharked, ascoltata come esperta in un'udienza
pubblica in Germania al Bundestag (marzo 2014), osserva: "Da voi circolano
molti miti sulla legge svedese sulla prostituzione. Oggi avrete l'occasione di
sentir parlare della realtà. Quando abbiamo approvato questa legge, avevamo due
speranze: arrivare a dissuadere i compratori di sesso e ridurre il numero delle
donne costrette a prostituirsi. Volevamo anche rendere la Svezia un Paese meno
attraente per i trafficanti. Abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo
prefissi".
3. Anche gli assistenti
sociali svedesi constatano la maggior sicurezza delle persone prostituite in
Svezia rispetto agli altri Paesi europei.
Lisa Green,
assistente sociale di Malmö, ha confutato il mito secondo il quale le
prostitute sarebbero precipitate nell'illegalità e le assistenti sociali non
sarebbero più riuscite a raggiungerle. E' accaduto esattamente il contrario, ha
dichiarato Lisa Green. "Noi diciamo chiaramente alle donne che non devono
essere loro, ma i clienti a provare un senso di colpa e di vergogna. E' per
questo che si fidano di noi. Inoltre
continuiamo a raggiungere le donne là dove si trovano: in strada, negli
hotel, in rete" (Udienza pubblica al Bundestag, marzo 2014)
"Minori
violenze, salari più elevati, il "mercato" svedese sembra più sicuro
per le prostitute". Miki Nagata (assistente sociale a Stoccolma) si occupa
di una giovane donna che, dopo essere stata escort in Germania, esercita oggi
in Svezia. "Si sente più sicura, perché sa che può recarsi dalla polizia
se è vittima di un cattivo cliente. La legge riequilibra un po' il rapporto di
forza in senso favorevole a queste donne".
[...]
4. La
polizia svedese afferma che la
penalizzazione dell'acquisto dei rapporti sessuali è diventata la principale
arma nella lotta contro la tratta.
Lo confermano
le intercettazioni telefoniche. La polizia smentisce formalmente il mito della
clandestinità e attesta che le persone prostituite confidano di sentirsi più
sicure in Svezia.
Simon
Häggström, capo della squadra antiprostituzione di Stoccolma, udito dal Senato
francese il 20 maggio 2005, osservò: " Le donne prostituite dicono che la
Svezia è un Paese più sicuro degli altri. Molte hanno precedentemente venduto
sesso in altri Paesi europei e dicono che gli svedesi che le frequentano hanno
molta paura, perché sanno che la polizia li cerca e che devono comportarsi bene
perché in caso contrario la donna può chiamare la polizia senza incorrere in alcuna
sanzione" (30° minuto dell'intervista)".
L'ispettore
Simon Häggström dichiarò anche: "8 clienti su 10 ammettono immediatamente
sul posto di aver commesso il reato. 9 donne prostituite su 10 testimoniano.
Quando si arrestano dei clienti, molto spesso si trovano i magnaccia. In un
giorno solo, quindi si può arrestare un cliente, un magnaccia e si può
indirizzare una vittima da un'assistente sociale. L'applicazione di questa
legge non richiede enormi risorse: 2 poliziotti e in un solo giorno si concludono
molti casi". (27° minuto
dell'intervista).
A Stoccolma
prima della legge si potevano contare 80 persone che si prostituivano. Oggi
sono solo una dozzina.
Nel 1995 in
Svezia, c'erano circa 2500 persone che si prostituivano. Oggi penso che ve ne
siano circa 1000. Quindi la tratta e la prostituzione non sono più problemi
gravi in Svezia.
Consenso
politico: tutti i partiti apprezzano la legge, anche il partito d'opposizione.
Tutti pensano che sia una buona legge e vogliono mantenerla in vigore. E' certo
la sola cosa sulla quale sono tutti d'accordo.
Tutti i
sondaggi hanno dimostrato che l'opinione pubblica è al 70% favorevole alla
legge e questo sostegno è particolarmente forte fra i giovani. Eppure, prima
della promulgazione della legge, la popolazione svedese era contraria alla
criminalizzazione dei clienti.
Si sono
registrate delle conversazioni tra magnaccia che sostengono che la Svezia non
sia un buon mercato. Dicono che questa legge non gli sta bene, che anche nel
caso in cui non vangano arrestati, potrebbero venire arrestati i loro clienti.
Quindi non guadagneranno denaro. E sostengono
che andranno in altri Paesi europei con legislazioni differenti. http://videos.senat.fr/video/videos/2014/video22850.html
Mats Paulsson,
della sezione di lotta contro la tratta di Västra Götaland: "Per noi,
questa legge è veramente utile per svolgere indagini sulla tratta. Ci consente
di penetrare nell'ambiente della prostituzione e i clienti ci forniscono molte
informazioni... I magnaccia che operano in Svezia devono spostarsi
continuamente per non essere scoperti".
Kajsa Wahlberg,
commissaria del Consiglio nazionale della polizia e autrice del rapporto
nazionale sulla tratta, spiega il funzionamento della legge: "Capita
abbastanza spesso che i poliziotti riescano a scoprire un magnaccia in seguito
all'arresto di un cliente. Mentre stanno raccogliendo la testimonianza della
donna, il prosseneta entra nell'appartamento, chiedendosi perché non risponda
al telefono da mezz'ora". Kajsa Wahlberg sostiene che in Svezia non sia
possibile lo sviluppo di reti di trafficanti: "I trafficanti controllano
al massimo 2 o 3 ragazze".
Zanna Tvilling,
della polizia di Stoccolma, conferma e aggiunge che capita abbastanza spesso
che i clienti testimonino nei casi di tratta o di sfruttamento della
prostituzione.
Questa maggior
sicurezza delle persone che si prostituiscono è stata notata anche dalla
giornalista Joan Smith:
"Gli
uomini svedesi vogliono solo coiti e rapporti orali. Sanno che devono
comportarsi bene se non vogliono essere arrestati. Si astengono dall'essere
violenti" (Joan Smith, The Indipendent, 26 marzo 2013)
Un'ultima
osservazione.
Può definirsi moralistico
o paternalistico e caritatevole l'atteggiamento di coloro che constatano,
analizzano e denunciano la violenza intrinsecamente connessa alla prostituzione
e si preoccupano della vita e del benessere fisico e psicologico delle persone
che la esercitano? E' paternalistico battersi perché siano offerte loro valide
alternative e differenti prospettive di reddito e di lavoro ? E' moralistico definire
la prostituzione, come fa la femminista
marxista-materialista Carole Pateman, un'istituzione
patriarcale in cui gli uomini vengono pubblicamente riconosciuti come padroni
sessuali delle donne?
Non è il vostro,
piuttosto, un atteggiamento postmoderno che si limita a procedere alla
risignificazione dell'ordine costituito perché ha ormai rinunciato a
trasformarlo radicalmente?
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.