Libano: un'inchiesta sui
"clienti" pone nuovi interrogativi
Dopo la Scozia, il
Regno-Unito e l'Irlanda, anche il Libano si interroga sul profilo dei clienti
della prostituzione. Ad occuparsene è
l'associazione femminista KAFA che ci descrive uomini coscienti della violenza
vissuta dalle persone prostituite, pronti tuttavia a colpevolizzarle per sfuggire
alle proprie responsabilità.
KAFA, autrice dell'inchiesta
KAFA (Basta violenza e
sfruttamento!) è impegnata contro le discriminazioni e le violenze di ogni tipo
commesse contro le donne e ha l'obiettivo di costruire una società libera dalle
pressioni socio-economiche patriarcali. Fondata di recente (2005), KAFA ha discusso al proprio interno il tema della
prostituzione: si tratta di libertà o di violenza? Le conclusioni cui è
approdata sono chiare: la prostituzione è una violenza di genere che incarna e
rafforza il patriarcato, rappresenta una violenza contro le donne e una
violazione dei diritti fondamentali sulla sicurezza personale e sulla dignità
umana. Poiché la tratta a scopo di sfruttamento sessuale non potrebbe
proliferare e continuare senza la domanda dei clienti, KAFA ha deciso di
interessarsi direttamente a loro, nella ricerca intitolata Exploring the demand for prostitution pubblicata nel 2014.
Desiderando ampliare la
prospettiva degli studi libanesi già effettuati, il cui ambito riguarda principalmente l'impatto della prostituzione sulla salute,
questa ricerca si occupa delle motivazioni, delle giustificazioni e delle
interazioni dei clienti con le donne prostituite. Per farlo, l'équipe di KAFA è
riuscita ad intervistare 55 clienti. Un numero che giudica un po' esiguo, ma
che spiega con la difficoltà di far parlare i clienti che hanno paura di essere
intervistati. In Libano, la prostituzione è vietata, salvo in certi quartieri
dove i bordelli sono autorizzati con una licenza accordata dal Governo e le
donne vengono sottoposte a controlli sanitari obbligatori. Nondimeno, poiché i
risultati ottenuti non si discostano da quelli messi in evidenza da altre
indagini simili compiute in altri paesi, KAFA può affermare con un certo
margine di sicurezza la loro attendibilità. La differenza fra l'età minima e
quella massima dei clienti (dai 18 ai 44 anni) corrisponde alla realtà. La
percentuale più elevata dei clienti intervistati (51%) è rappresentata da
quelli della classe di età 22-29 anni. E' interessante osservare che si tratta
di uomini appartenenti a diverse classi sociali, che il 70% di loro ha conseguito un diploma di maturità liceale o
ha un titolo di studio più elevato e che più del 90% di loro ha un salario
mensile di almeno 1000 euro (in Libano, il salario medio è di 766 euro al
mese). Sul piano relazionale, il 67% di loro è sposato o è inserito in una
seria relazione di coppia. Ce n'è
abbastanza per smentire ancora una volta i luoghi comuni: no, i clienti non sono né single né in
condizioni di deprivazione sociale.
Nell'ambito dei grandi temi
affrontati dall'inchiesta ( la consapevolezza degli uomini sulla violenza che la prostituzione comporta,
le diverse giustificazioni offerte dai clienti dei propri acquisti di rapporti
sessuali, le razionalizzazioni delle
loro domande in materia di prostituzione, i possibili freni a queste domande), vi
sono dati che pongono nuovi interrogativi.
A nessuno può piacere la riduzione in schiavitù
L'80% dei clienti
intervistati menziona il bisogno di denaro e le condizioni socio-economiche
molto precarie come le cause principali che farebbero finire una donna
nell'ambiente della prostituzione. "A
nessuno può piacere la riduzione in
schiavitù" "Non l'ho mai chiesto loro, ma è evidente che una donna
non può essere felice in queste condizioni" "Non lo fanno per
piacere, ma per bisogno di denaro".
L'82% dei clienti
intervistati riconosce che le prostitute sono assoggettate ad un magnaccia;
d'altra parte il 73% di loro ha avuto un contatto diretto con un prosseneta al
momento della transazione.
Se i clienti si dichiarano in
maggioranza indifferenti al fatto che le prostitute possano essere vittime
della tratta, il 61% di loro si dice pienamente
consapevole della violenza presente nell'ambiente della prostituzione e delle
condizioni di sfruttamento imposte alle donne, in termini molto chiari:
"Le donne sono cose dei clienti perché sono comprate ed usate", "Sono vittime della schiavitù e
costrette a prostituirsi", "La loro libertà è ridotta" "Non
possono uscire dalla prostituzione perché il magnaccia esercita delle violenze
fisiche e psicologiche su di loro" "Non
possono rifiutare [il rapporto sessuale con il cliente]".
Se parecchi clienti riconoscono di aver visto segni
fisici di violenza sul corpo delle donne con le quali hanno avuto rapporti
sessuali, ciò non li ha indotti però a interrompere il rapporto. Il denaro
rappresenta la loro giustificazione: "Ho
pagato. Voglio avere un rapporto sessuale con lei" "Non me ne frega
niente del fatto che sia stata picchiata" "Mi importa solo il mio
piacere".
Una giustificazione paradossale
Tuttavia, quando si tratta di
giustificare i propri atti, la visione dei clienti cambia completamente. Messo
a confronto con i risultati enunciati nel paragrafo precedente, il paradosso
delle risposte che citerò solleva
domande: intervistati sulla percezione che hanno delle donne che pagano, il 47% degli uomini di questa ricerca le
considerano immorali e sconce e le vedono come oggetti, il 29% ritiene che
la prostituzione non sia una professione diversa dalle altre, il 33% pensa che
le donne la scelgano perché amano far sesso, il 25% per avidità.
Secondo lo studio, colpevolizzare in questo modo le
donne prostituite consentirebbe ai
clienti di non sentirsi socialmente responsabili. I "clienti" del resto istituirebbero una
differenza fra le donne prostituite e quelle che non lo sono: "Le donne prostituite lavorano per una sola
ed unica cosa", "Non hanno altri obiettivi" "Non pensano ad
altro. Le loro vite sono vuote" "Non hanno nulla da perdere".Per
il 53% dei clienti, le giustificazioni dei propri comportamenti vanno al di là
di questo: le donne prostituite servono a placare i loro istinti, desideri e
bisogni sessuali, che rappresentano una necessità, come mangiare e bere. Il 78%
di loro crede al mito secondo il quale la prostituzione permetterebbe di
ridurre il numero degli stupri.
Pornografia e comodità
La ricerca pone anche in
evidenza il legame diretto che sussiste fra la pornografia e il ricorso alla
prostituzione: l'80% dei clienti
intervistati dichiara di guardare regolarmente foto o video pornografici; la
maggioranza di loro riconosce che la pornografia ha un impatto diretto sulla loro sessualità. "E'
la pornografia ad avermi spinto ad acquistare sesso" "Mia moglie non
voleva fare quello che vedevo in questi film, mentre io lo volevo". La pornografia influenza le
scelte: "Se mi piace una ragazza in
un film, voglio comprarne una che le assomiglia". "Se mi piace una
posizione, voglio provarla".
Questa nozione di volontà
indipendente da quella della partner è in sintonia con il fatto che il 96% dei
clienti ritiene che sia molto comodo acquistare un rapporto sessuale, perché le
donne sono disponibili in qualsiasi momento e che loro
non hanno bisogno di attendere la disponibilità della partner.
Come altri studi, anche
questo si conclude con la domanda: come uscirne?
Le risposte potrebbero
ispirare i senatori e le senatrici francesi, ora che la proposta di legge sulla
prostituzione è in corso di discussione: il 70% dei clienti afferma che il
rischio di subire una sanzione penale li indurrebbe a smettere di ricorrere
alla prostituzione, il 66% smetterebbe se
i loro atti fossero comunicati alla famiglia o alle mogli.
Per KAFA le conclusioni sono
chiare. Una società che permette che le donne siano prostituite, vendute ed
acquistate come oggetti, non consente di realizzare l'uguaglianza di genere. Essa
non può combattere decentemente la tratta degli esseri umani a fini di
sfruttamento sessuale. Prostituzione e tratta sono intimamente legate; non solo
perché rispondono alla stessa domanda ed accentuano la vulnerabilità delle
donne coinvolte, ma anche perché condividono lo stesso fine: lo sfruttamento
sessuale delle donne.
L'associazione conclude la
sua indagine esprimendo la volontà e la necessità di smuovere le acque in
Libano, realizzando atti di prevenzione e innescando un mutamento della
legislazione. Tra l'altro, propone di introdurre una sanzione penale per chi
acquista un rapporto sessuale, avviare una campagna di prevenzione volta a
responsabilizzare i clienti e a sensibilizzare l'opinione pubblica sulle
violenze e sui gravi danni prodotti
dall'industria sessuale e dar vita ad un programma di aiuto alle vittime della
tratta e dello sfruttamento sessuale.
Qui potete scaricare la
ricerca: http://www.kafa.org.lb/studies-publications/43/2/exploring-the-demand-for-prostitution-what-male-bu