giovedì 22 maggio 2014

Il sistema prostituente è patriarcale, capitalista, colonialista, razzista e violento

Il sistema prostituente è patriarcale, capitalista, colonialista, razzista e violento

Il sistema prostituente (si omette sempre di indicare la presenza nel mercato del sesso di prosseneti, trafficanti e clienti) è una struttura patriarcale, capitalista, colonialista, razzista, violenta.
Patriarcale, in quanto la sessualità che si esprime nella prostituzione prescinde dal desiderio femminile ed è fallocentrica, incentrata esclusivamente sull’appagamento delle pulsioni maschili. Scrive Ferdinanda Vigliani in Lessico della differenza, alla voce Prostituzione: " Come nella cultura patriarcale il soggetto Uomo svincolato e assoluto sta al centro della filosofia, così il soggetto fallo dell’uomo sta al centro della sessualità [della prostituta]. La somiglianza non può non balzare all’occhio". 
Non solo.
La prostituzione sancisce la legittimazione e il riconoscimento pubblico del diritto di tutti gli uomini di disporre liberamente del corpo delle donne. Osserva a questo proposito la femminista marxista Carole Pateman:
 
“Nella prostituzione, gli io delle donne sono coinvolti in modo diverso rispetto al coinvolgimento dell’io in altre occupazioni. La connessione necessaria tra sessualità e senso di sé significa che, per proteggersi, una prostituta deve distanziare se stessa dal proprio uso sessuale. [...] Quando i corpi delle donne vengono messi in vendita come merci sul mercato capitalistico, i termini del contratto originario non possono essere dimenticati; la legge del diritto sessuale maschile viene affermata pubblicamente e gli uomini vengono pubblicamente riconosciuti come padroni sessuali delle donne. Ecco cosa c’è che non va nella prostituzione".
 
Il sistema prostituente  si colloca alla confluenza tra patriarcato e capitalismo in quanto genera profitti esorbitanti, intensificando lo sfruttamento e, dunque, l'estrazione di plusvalore dalla donna-merce, si fonda sull'organizzazione industriale del commercio del sesso e contemporaneamente rafforza il dominio fallocratico, concorre al mantenimento dell'ordine borghese e, al contempo, di quello sessista. La prostituzione implica la trasformazione degli esseri umani, generalmente di sesso femminile, (più del 90% di chi la pratica è una bambina, una ragazza o una donna) in merci e comporta non soltanto la loro reificazione, ma anche  il loro inserimento in rapporti di sottomissione, di subordinazione e di sfruttamento. La merce, nel sistema prostituente, è la materializzazione della connessione sociale, ossia dei rapporti tra esseri umani ridotti a cose, a oggetti sessuali. La globalizzazione neoliberista -  come osserva in numerosi testi il sociologo marxista Richard Poulin - ha favorito e incentivato  l'irruzione della merce nel  campo della sessualità.
Il sistema prostituente è profondamente connesso alla globalizzazione neoliberista,  che ha generato molteplici effetti nefasti:  dalla dilatazione della povertà determinata  dall'imposizione dei piani di aggiustamento strutturale ai Paesi del Sud,  all'estensione del libero mercato all'Europa dell'Est, all'adozione negli Stati occidentali di politiche di austerity ed ha anche provocato l'incremento, favorito dalla rivoluzione informatica, della criminalità finanziaria e della tratta degli esseri umani come fonti di accumulazione del capitale.
Le politiche neoliberiste hanno comportato un incremento rilevante della povertà che ha colpito in particolare le donne, inducendo molte di loro a prostituirsi.
Nei Paesi africani  l'instaurazione del libero mercato ha prodotto  la crisi dell'agricoltura di sussistenza e il fallimento di numerose piccole attività commerciali (tessuti, abbigliamento, generi alimentari), generalmente svolte dalle donne, non più in grado di resistere alla concorrenza dei prodotti provenienti dai Paesi del Nord.
Negli Stati dell'Europa dell'Est la transizione all'economia di mercato si è affiancata alla privatizzazione dei servizi pubblici  e si è tradotta in un incremento massiccio  dell'indigenza e della disoccupazione che  si è ripercossa soprattutto sulle donne. La globalizzazione, infatti, ha accentuato il fenomeno della femminilizzazione della povertà: il 70% degli 1,3 miliardi di persone che vivono in condizioni di povertà assoluta sono donne.
Esasperando le diseguaglianze su scala globale, la mondializzazione neoliberista ha prodotto  una nuova divisione internazionale del lavoro che prevede, per la maggioranza delle donne migranti, la possibilità di svolgere due sole attività: il lavoro domestico e la prostituzione.
Scriveva nel 1996 Silvia Federici:
 
"(...) la nuova divisione internazionale del lavoro veicola un progetto politico ferocemente antifemminista e, lungi dal costituire uno strumento di emancipazione delle donne, l'espansione delle relazioni capitaliste intensifica lo sfruttamento delle donne. In primo luogo essa ripropone l'immagine della donna come oggetto sessuale e come riproduttrice (...) La nuova divisione internazionale del lavoro significa che numerose donne del Terzo mondo devono lavorare come domestiche o come prostitute, nel loro Paese o all'estero, perché non hanno altra scelta (...) Il carattere antifemminista della nuova divisione internazionale del lavoro è così evidente che viene da chiedersi in che misura essa sia il prodotto della «mano invisibile» del mercato o invece di una pianificazione deliberata come risposta alle lotte che le donne hanno combattuto sia nel Terzo mondo che nelle metropoli [occidentali] contro la discriminazione, il lavoro non retribuito e il «sottosviluppo» in tutte le sue forme. Comunque sia, è evidente che in Europa e negli Stati Uniti le femministe devono organizzarsi contro le soluzioni coercitive che la nuova divisione internazionale del lavoro impone alle donne (...)".
 
Le politiche di austerità adottate dagli Stati occidentali in questi ultimi anni hanno prodotto la pauperizzazione della popolazione che ha condotto all'incremento della pratica prostituente, cresciuta in Grecia del 150% tra il 2011 e il 2013.
La normalizzazione della prostituzione consente agli Stati di  impiegarla come  sostituto del welfare state, del reddito garantito e come espediente per sottoporre a tassazione le donne dei ceti meno abbienti. Lo sostiene anche Julia O' Connell Davidson in La prostituzione. Soldi, sesso e potere:
 
La  verità è che i governi - ed il capitale nazionale ed internazionale - beneficiano della prostituzione. Essa opera come una specie di sistema di <<welfare>> alternativo in molti paesi del mondo e quindi riduce il livello di spesa dello Stato necessaria per assicurare la riproduzione del lavoro e fornisce anche un mezzo attraverso cui integrare i salari al di sotto della sussistenza. Nei paesi dove la prostituzione nei bordelli è legale lo Stato trae anche benefici fiscali. Nella prostituzione legata al turismo i benefici per gli Stati nazionali ed il capitale nazionale ed internazionale sono ancora più ovvi. [p.260]
 
Il sistema prostituente è gerarchico e razzista. Sul gradino più basso colloca donne aborigene, rom,  ragazze asiatiche e di colore. "La donna nera - scrive il sociologo marxista Emilio Quadrelli - è per i clienti un animale selvaggio temporaneamente addomesticato".
 
E' incredibile come in generale voi pensiate a noi come a degli esseri appena usciti dalla foresta. Forse dovreste ricordarvi del colonialismo, della decolonizzazione eccetera. Per voi invece l'Africa sembra un continente misterioso, sconosciuto, senza storia. Noi parliamo tutte inglese, sicuramente molto meglio di voi. Quando venite con noi vi piace soprattutto l'idea di andare con qualcosa di selvaggio, di puramente naturale, venite con noi perché vi sembra di andare con un animale. Sai quante volte ti chiedono di non morderli e graffiarli? (Jenny)
 
Certe volte mi strizzano come se fossi una mucca. Venite con noi pensando di andare con una bestia feroce. Sai quanti cretini mi dicono una volta in macchina in un posto buio: "Adesso non mi mangerai mica, sarai mica cannibale?" Se gli fai capire che potrebbe anche succedere si eccitano ancora di più. Poi tanti sono convinti di essere dei grandi amanti, così grandi da piegare persino una bestia in calore come te. (Louise).
 
Le donne asiatiche invece sono percepite come esotiche, docili, sottomesse  e così via.
Il sistema prostituente rappresenta una nuova forma di dominio e di colonizzazione dei corpi delle donne straniere e  comporta la loro riduzione alla realtà biologico-sessuale.
 
La molla attrattiva [delle prostitute straniere] non è dovuta né al prezzo, né alla bellezza, piuttosto e in maniera decisiva all'idea del diritto di conquista, del diritto alla dominazione che queste ragazze suscitano nell'utente. (Operatore di strada. Lila)
 
La prostituzione è un'istituzione coloniale anche perché tra  le native canadesi e  statunitensi è stata introdotta proprio dai coloni europei. Prima non esisteva. Oggi il 40% delle donne aborigene canadesi è povera e la metà delle ragazze è disoccupata. Esse subiscono tassi di violenza e di aggressione sessuale maggiori rispetto al resto della popolazione. Per questi motivi, sono sovra rappresentate nella prostituzione, soprattutto in quella di strada.
Gli aborigeni costituiscono soltanto il 3,7% della popolazione canadese, ma le giovani prostitute native rappresentano, a seconda delle località, dal 14% all'85% del totale o addirittura il 90% nelle città. Nel quartiere povero Downtown Eastside di Vancouver, dov'è stata confinata la prostituzione di strada, la polizia stima che circa la metà delle 400 ragazze che la praticano sia costituita da native. E' qui che il serial killer  Robert Pickton ha scelto le sue vittime. [Conseil du statut de la femme, La prostitution: il est temps d'agir, Québec, 2012, pp.47-48]
Il sistema  prostituente, infatti, non è soltanto fondato sulle disuguaglianze tra uomini e donne. E' anche strutturato sulle disuguaglianze di classe ed etniche. La grandissima maggioranza delle prostitute proviene dai ceti poveri e in tutti gli Stati le donne appartenenti alle minoranze etniche o alle ex colonie sono sovra rappresentate (native in Canada e in molti Paesi dell'America latina, aborigene in Australia, maori in Nuova Zelanda, rom, minoranze etniche in Thailandia, minoranze russe nei Paesi baltici, donne africane ecc..)
Il sistema prostituente è violento. Le donne che praticano rapporti mercenari sono soggette con una frequenza elevatissima  a stupri, (57%) aggressioni fisiche (71%) e psicologiche, minacce con le armi (64%), insulti.  Il  tasso di mortalità associato all'esercizio della prostituzione è molto alto. Uno studio prospettico effettuato da John J. Potterat nel 2003 negli USA relativo a 1969 donne ed esteso ad un arco temporale di 33 anni ha dimostrato che le persone prostituite presentano un tasso di mortalità elevatissimo: 459 decessi rispetto ad una media di 5,9 ogni 100.000 abitanti. L'età media del trapasso è di 34 anni. Le cause della mortalità sono: omicidio, overdose, incidenti, abuso di alcool. La prostituzione è l'attività che comporta il più elevato rischio di morte per assassinio ad opera dei clienti o degli sfruttatori: 204 casi ogni 100.000 abitanti rispetto ad una media di 29 per gli uomini e di 4 per le donne.
L'esercizio della prostituzione produce spesso effetti deleteri sulla salute, provocando, fra l'altro, la sindrome da stress post-traumatico, tipica di chi ha subito uno stupro.
Sono questi i motivi che mi inducono a lottare per l'abolizione del sistema prostituente.
Si chiede la marxista svedese Kajsa Ekis Ekman in Varat och varan, tradotto sia in inglese che in francese:
 
Non esiste [...] alcun'altra condizione di vita nella quale, come nella prostituzione, tante persone vengono brutalizzate, stuprate e assassinate. Come è possibile accettare questa cosa? Perché la prostituzione rappresenta un'eccezione per tanti governi, intellettuali e attivisti dei diritti dell'uomo, che difendono abitualmente il diritto fondamentale alla dignità umana? Perché tante persone tacciono?http://www.prostitutionetsociete.fr/politiques-publiques/enjeux/la-cruelle-chosification-des?lang=fr
 
 


Me lo chiedo anch'io.

 

Uno studio di Melissa Farley  rivela che l'89% delle donne che si prostituiscono vorrebbero  uscirne, se  si offrisse loro l'opportunità di farlo.

Sono queste le voci che nessuno ascolta, voci soffocate e occultate. La stragrande maggioranza delle donne che praticano rapporti mercenari è ridotta al silenzio e non vede realizzate le proprie aspirazioni. Di loro nulla importa agli Stati neoregolamentaristi. Solo il 6% dei comuni olandesi ha approntato programmi di fuoriuscita dalla prostituzione per  chi lo desidera. In Germania, l'assistente sociale Sabine Constabel ha raccontato l'episodio di una donna che volendo abbandonare la pratica prostitutiva si è recata in un centro di counseling e per tre volte ha ricevuto come unico supporto un dépliant che la invitava a ottimizzare la vendita di se stessa per raggiungere uno stato di maggior benessere. http://ressourcesprostitution.wordpress.com/2014/03/23/voie-suedoise-et-impasse-allemande-emma/
 
 
Con questo sito, interamente consacrato alla prostituzione e, in parte, alla pornografia, vorrei offrire  alle mie probabilmente pochissime lettrici e ai miei ancor meno lettori traduzioni, citazioni, presentazioni di studi altrui, qualche riflessione e magari qualche ricerchina che offra informazioni sulla questione,  interpretata secondo una prospettiva abolizionista.
Si impone  il chiarimento del significato di quest'ultimo termine, oggetto di fraintendimenti, confusioni e mistificazioni. Esso evoca la grande conquista storica dell'abolizione della schiavitù e NON comporta assolutamente la criminalizzazione delle persone che praticano la prostituzione, ossia l' applicazione ad esse di sanzioni pecuniarie o penali.
La punizione delle persone prostituite è prevista invece dal sistema proibizionista che si concretizza in Italia nelle ordinanze dei sindaci che infliggono multe alle peripatetiche in nome della decenza e del decoro, concetti che  non sono assolutamente condivisi dalle femministe abolizioniste, alle quali nulla importa dell'abbigliamento di chi pratica rapporti mercenari. L'imposizione del versamento delle imposte, ossia la trasformazione dello Stato in sfruttatore della prostituzione, rappresenta invece un carattere tipico dei sistemi neoregolamentaristi.
Un governo che adotta un approccio abolizionista implementa corsi di formazione e fornisce supporto concreto alla ricerca di un altro lavoro ed, eventualmente, di un alloggio a chi desidera abbandonare la prostituzione, ma appronta anche strutture che offrono assistenza sanitaria e psicologica a tutte le persone che praticano rapporti mercenari e la cui fruizione non è condizionata all'uscita dalla prostituzione.
L'istituzione di un reddito garantito, una normativa che favorisca la libera circolazione delle persone, il riconoscimento delle competenze delle migranti e quindi l'offerta di una maggiore gamma di opzioni eserciterebbero una funzione di prevenzione dell'ingresso nella prostituzione e di fuoriuscita dalla stessa.  Da subito andrebbe erogato un reddito di esistenza alle donne che si prostituiscono e che desiderano abbandonare l'attività.
Il modello abolizionista prevede l'applicazione di sanzioni esclusivamente pecuniarie (modello francese) o, in caso di recidiva, anche penali, (ma raramente applicate) (modello svedese) ai soli clienti.
Il principio importante che si intende affermare è che  nessuno ha il diritto di comprare il corpo di un'altra persona.
Tuttavia, è abolizionista anche la posizione di chi, più che alle leggi, si affida  e si impegna ad innescare un mutamento di sensibilità anche attraverso l'informazione e l'educazione.
Un governo abolizionista, inoltre,  sanziona qualsiasi forma di sfruttamento della prostituzione e non prevede certo la conversione dei prosseneti in rispettabili imprenditori,  a differenza di quanto avviene negli Stati neoregolamentaristi.
 
 
Due precisazioni sul blog
1) Potrei proporre anche la traduzione di alcuni testi di cui non condivido qualche parola o frase. In tal caso porrò in rilievo il mio dissenso da tali asserzioni.
2) Pubblicherò la traduzione di testimonianze di prostituite o sopravvissute alla prostituzione già presenti in rete. Non ricorrerò invece all'espediente di  raccontare in prima persona le altrui vicende biografiche per non tradire la fiducia di chi mi ha eventualmente confidato fatti privati delicati, per non sovrapporre il mio punto di vista di narratrice-protagonista a quello della persona in questione e, soprattutto, per non sollevare dubbi sull'autenticità del racconto. Vorrei infatti evitare di ingenerare il sospetto di inventarmi storie allo scopo di manipolare i lettori e di indurli ad abbracciare le mie tesi.
Infine due parole su di me.

Mi chiamo Maria Rossi e ho già pubblicato articoli sulla prostituzione su altri blog (Consumabili, Femminile Plurale e Massimo Lizzi). Sono un'anticapitalista convinta e una femminista di orientamento materialista, una corrente francese che, con una certa approssimazione, potrei definire radicale-marxista, nel senso che attinge ispirazione da Marx e applica, rielaborandoli, concetti materialisti all'oppressione delle donne.
Aggiungo che tutto il femminismo materialista francese e canadese è apertamente abolizionista.

 

 
 


 
 
 
 
 
 
 
 

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