Il sistema prostituente (si omette sempre di indicare la presenza nel mercato del sesso di prosseneti, trafficanti e clienti) è una struttura patriarcale, capitalista, colonialista, razzista, violenta.
Patriarcale, in quanto la sessualità che si
esprime nella prostituzione prescinde dal desiderio femminile ed è
fallocentrica, incentrata esclusivamente sull’appagamento delle pulsioni
maschili. Scrive Ferdinanda Vigliani in Lessico della differenza, alla
voce Prostituzione: " Come
nella cultura patriarcale il soggetto Uomo svincolato e assoluto sta al centro
della filosofia, così il soggetto fallo dell’uomo sta al centro della
sessualità [della prostituta]. La somiglianza non può non balzare all’occhio".
Non solo.
La prostituzione sancisce la legittimazione e
il riconoscimento pubblico del diritto di tutti gli uomini di disporre
liberamente del corpo delle donne. Osserva a questo proposito la femminista
marxista Carole Pateman:
“Nella
prostituzione, gli io delle donne sono coinvolti in modo diverso rispetto al
coinvolgimento dell’io in altre occupazioni. La connessione necessaria tra
sessualità e senso di sé significa che, per proteggersi, una prostituta deve
distanziare se stessa dal proprio uso sessuale. [...] Quando i corpi delle
donne vengono messi in vendita come merci sul mercato capitalistico, i termini
del contratto originario non possono essere dimenticati; la legge del diritto
sessuale maschile viene affermata pubblicamente e gli uomini vengono
pubblicamente riconosciuti come padroni sessuali delle donne. Ecco cosa c’è che
non va nella prostituzione".
Il sistema prostituente si colloca alla confluenza tra patriarcato e capitalismo in quanto genera profitti esorbitanti, intensificando
lo sfruttamento e, dunque, l'estrazione di plusvalore dalla donna-merce, si
fonda sull'organizzazione industriale del commercio del sesso e
contemporaneamente rafforza il dominio fallocratico, concorre al mantenimento
dell'ordine borghese e, al contempo, di quello sessista. La prostituzione
implica la trasformazione degli esseri umani, generalmente di sesso femminile,
(più del 90% di chi la pratica è una bambina, una ragazza o una donna) in merci
e comporta non soltanto la loro reificazione, ma anche il loro inserimento in rapporti di
sottomissione, di subordinazione e di sfruttamento. La merce, nel sistema
prostituente, è la materializzazione della connessione sociale, ossia dei
rapporti tra esseri umani ridotti a cose, a oggetti sessuali. La globalizzazione
neoliberista - come osserva in numerosi
testi il sociologo marxista Richard Poulin - ha favorito e incentivato l'irruzione della merce nel campo della sessualità.
Il sistema prostituente è
profondamente connesso alla globalizzazione neoliberista, che ha generato molteplici effetti nefasti: dalla dilatazione della povertà determinata dall'imposizione dei piani di aggiustamento
strutturale ai Paesi del Sud, all'estensione
del libero mercato all'Europa dell'Est, all'adozione negli Stati occidentali di
politiche di austerity ed ha anche provocato l'incremento, favorito dalla
rivoluzione informatica, della criminalità finanziaria e della tratta degli
esseri umani come fonti di accumulazione del capitale.
Le politiche neoliberiste hanno
comportato un incremento rilevante della povertà che ha colpito in particolare le
donne, inducendo molte di loro a prostituirsi.
Nei Paesi africani l'instaurazione del libero mercato ha
prodotto la crisi dell'agricoltura di
sussistenza e il fallimento di numerose piccole attività commerciali (tessuti,
abbigliamento, generi alimentari), generalmente svolte dalle donne, non più in
grado di resistere alla concorrenza dei prodotti provenienti dai Paesi del Nord.
Negli Stati dell'Europa
dell'Est la transizione all'economia di mercato si è affiancata alla
privatizzazione dei servizi pubblici e
si è tradotta in un incremento massiccio dell'indigenza e della disoccupazione che si è ripercossa soprattutto sulle donne. La
globalizzazione, infatti, ha accentuato il fenomeno della femminilizzazione
della povertà: il 70% degli 1,3 miliardi di persone che vivono in condizioni di
povertà assoluta sono donne.
Esasperando le diseguaglianze
su scala globale, la mondializzazione neoliberista ha prodotto una nuova divisione internazionale del lavoro
che prevede, per la maggioranza delle donne migranti, la possibilità di
svolgere due sole attività: il lavoro domestico e la prostituzione.
Scriveva nel 1996 Silvia
Federici:
"(...) la nuova divisione internazionale del lavoro veicola
un progetto politico ferocemente antifemminista e, lungi dal costituire uno
strumento di emancipazione delle donne, l'espansione delle relazioni
capitaliste intensifica lo sfruttamento delle donne. In primo luogo essa
ripropone l'immagine della donna come oggetto sessuale e come riproduttrice
(...) La nuova divisione internazionale del lavoro significa che numerose donne
del Terzo mondo devono lavorare come domestiche o come prostitute, nel loro
Paese o all'estero, perché non hanno altra scelta (...) Il carattere
antifemminista della nuova divisione internazionale del lavoro è così evidente
che viene da chiedersi in che misura essa sia il prodotto della «mano invisibile»
del mercato o invece di una pianificazione deliberata come risposta alle lotte
che le donne hanno combattuto sia nel Terzo mondo che nelle metropoli
[occidentali] contro la discriminazione, il lavoro non retribuito e il
«sottosviluppo» in tutte le sue forme. Comunque sia, è evidente che in Europa e
negli Stati Uniti le femministe devono organizzarsi contro le soluzioni
coercitive che la nuova divisione internazionale del lavoro impone alle donne
(...)".
Le politiche di austerità adottate dagli Stati
occidentali in questi ultimi anni hanno prodotto la pauperizzazione della
popolazione che ha condotto all'incremento della pratica prostituente,
cresciuta in Grecia del 150% tra il 2011 e il 2013.
La normalizzazione della prostituzione consente
agli Stati di impiegarla come sostituto del welfare state, del reddito
garantito e come espediente per sottoporre a tassazione le donne dei ceti meno abbienti.
Lo sostiene anche Julia O' Connell Davidson in La prostituzione. Soldi, sesso e potere:
La verità è che
i governi - ed il capitale nazionale ed internazionale - beneficiano della
prostituzione. Essa opera come una specie di sistema di <<welfare>>
alternativo in molti paesi del mondo e quindi riduce il livello di spesa dello
Stato necessaria per assicurare la riproduzione del lavoro e fornisce anche un
mezzo attraverso cui integrare i salari al di sotto della sussistenza. Nei
paesi dove la prostituzione nei bordelli è legale lo Stato trae anche benefici
fiscali. Nella prostituzione legata al turismo i benefici per gli Stati
nazionali ed il capitale nazionale ed internazionale sono ancora più ovvi.
[p.260]
Il sistema prostituente è
gerarchico e razzista. Sul gradino più basso colloca donne aborigene, rom, ragazze asiatiche e di colore. "La donna nera - scrive il sociologo marxista Emilio
Quadrelli - è per i clienti un animale
selvaggio temporaneamente addomesticato".
E' incredibile come in generale voi pensiate a noi
come a degli esseri appena usciti dalla foresta. Forse dovreste ricordarvi del
colonialismo, della decolonizzazione eccetera. Per voi invece l'Africa sembra
un continente misterioso, sconosciuto, senza storia. Noi parliamo tutte
inglese, sicuramente molto meglio di voi. Quando venite con noi vi piace
soprattutto l'idea di andare con qualcosa di selvaggio, di puramente naturale,
venite con noi perché vi sembra di andare con un animale. Sai quante volte ti chiedono
di non morderli e graffiarli? (Jenny)
Certe volte mi strizzano come se fossi una mucca.
Venite con noi pensando di andare con una bestia feroce. Sai quanti cretini mi
dicono una volta in macchina in un posto buio: "Adesso non mi mangerai
mica, sarai mica cannibale?" Se gli fai capire che potrebbe anche
succedere si eccitano ancora di più. Poi tanti sono convinti di essere dei
grandi amanti, così grandi da piegare persino una bestia in calore come te.
(Louise).
Le donne asiatiche invece
sono percepite come esotiche, docili, sottomesse e così via.
Il sistema prostituente
rappresenta una nuova forma di dominio e di colonizzazione dei corpi delle
donne straniere e comporta la loro
riduzione alla realtà biologico-sessuale.
La molla attrattiva [delle prostitute straniere] non è
dovuta né al prezzo, né alla bellezza, piuttosto e in maniera decisiva all'idea
del diritto di conquista, del diritto alla dominazione che queste ragazze
suscitano nell'utente. (Operatore di strada. Lila)
La prostituzione è un'istituzione
coloniale anche perché tra le native canadesi
e statunitensi è stata introdotta
proprio dai coloni europei. Prima non esisteva. Oggi il 40% delle donne
aborigene canadesi è povera e la metà delle ragazze è disoccupata. Esse
subiscono tassi di violenza e di aggressione sessuale maggiori rispetto al
resto della popolazione. Per questi motivi, sono sovra rappresentate nella
prostituzione, soprattutto in quella di strada.
Gli aborigeni costituiscono
soltanto il 3,7% della popolazione canadese, ma le giovani prostitute native
rappresentano, a seconda delle località, dal 14% all'85% del totale o
addirittura il 90% nelle città. Nel quartiere povero Downtown Eastside
di Vancouver, dov'è stata confinata la prostituzione di strada, la polizia
stima che circa la metà delle 400 ragazze che la praticano sia costituita da
native. E' qui che il serial killer
Robert Pickton ha scelto le sue vittime. [Conseil du statut de la femme, La
prostitution: il est temps d'agir, Québec, 2012, pp.47-48]
Il sistema prostituente, infatti, non è soltanto fondato
sulle disuguaglianze tra uomini e donne. E' anche strutturato sulle
disuguaglianze di classe ed etniche. La grandissima maggioranza delle prostitute
proviene dai ceti poveri e in tutti gli Stati le donne appartenenti alle
minoranze etniche o alle ex colonie sono sovra rappresentate (native in Canada
e in molti Paesi dell'America latina, aborigene in Australia, maori in Nuova
Zelanda, rom, minoranze etniche in Thailandia, minoranze russe nei Paesi
baltici, donne africane ecc..)
Il
sistema prostituente è violento. Le donne che praticano rapporti mercenari sono
soggette con una frequenza elevatissima
a stupri, (57%) aggressioni fisiche (71%) e psicologiche, minacce con le
armi (64%), insulti. Il tasso di mortalità associato all'esercizio
della prostituzione è molto alto. Uno studio prospettico effettuato da John J.
Potterat nel 2003 negli USA relativo a 1969 donne ed esteso ad un arco
temporale di 33 anni ha dimostrato che le persone prostituite presentano un
tasso di mortalità elevatissimo: 459 decessi rispetto ad una media di 5,9 ogni
100.000 abitanti. L'età media del trapasso è di 34 anni. Le cause della
mortalità sono: omicidio, overdose, incidenti, abuso di alcool. La
prostituzione è l'attività che comporta il più elevato rischio di morte per
assassinio ad opera dei clienti o degli sfruttatori: 204 casi ogni 100.000
abitanti rispetto ad una media di 29 per gli uomini e di 4 per le donne.
L'esercizio
della prostituzione produce spesso effetti deleteri sulla salute, provocando,
fra l'altro, la sindrome da stress post-traumatico, tipica di chi ha subito uno
stupro.
Sono
questi i motivi che mi inducono a lottare per l'abolizione del sistema
prostituente.
Si
chiede la marxista svedese Kajsa
Ekis Ekman in Varat och varan, tradotto sia in inglese che
in francese:
Non esiste [...] alcun'altra condizione di vita nella
quale, come nella prostituzione, tante persone vengono brutalizzate, stuprate e
assassinate. Come è possibile accettare questa cosa? Perché la prostituzione
rappresenta un'eccezione per tanti governi, intellettuali e attivisti dei
diritti dell'uomo, che difendono abitualmente il diritto fondamentale alla
dignità umana? Perché tante persone tacciono?http://www.prostitutionetsociete.fr/politiques-publiques/enjeux/la-cruelle-chosification-des?lang=fr
Me
lo chiedo anch'io.
Uno studio di Melissa Farley rivela che l'89% delle donne che si prostituiscono vorrebbero uscirne, se si offrisse loro l'opportunità di farlo.
Sono queste le voci che nessuno ascolta, voci soffocate e occultate. La stragrande maggioranza delle donne che praticano rapporti mercenari è ridotta al silenzio e non vede realizzate le proprie aspirazioni. Di loro nulla importa agli Stati neoregolamentaristi. Solo il 6% dei comuni olandesi ha approntato programmi di fuoriuscita dalla prostituzione per chi lo desidera. In Germania, l'assistente sociale Sabine Constabel ha raccontato l'episodio di una donna che volendo abbandonare la pratica prostitutiva si è recata in un centro di counseling e per tre volte ha ricevuto come unico supporto un dépliant che la invitava a ottimizzare la vendita di se stessa per raggiungere uno stato di maggior benessere. http://ressourcesprostitution.wordpress.com/2014/03/23/voie-suedoise-et-impasse-allemande-emma/
Con
questo sito, interamente consacrato alla prostituzione e, in parte, alla
pornografia, vorrei offrire alle mie probabilmente
pochissime lettrici e ai miei ancor meno lettori traduzioni, citazioni,
presentazioni di studi altrui, qualche riflessione e magari qualche ricerchina
che offra informazioni sulla questione, interpretata secondo una prospettiva
abolizionista.
Si
impone il chiarimento del significato di
quest'ultimo termine, oggetto di fraintendimenti, confusioni e mistificazioni.
Esso evoca la grande conquista storica dell'abolizione della schiavitù e NON
comporta assolutamente la criminalizzazione delle persone che praticano la
prostituzione, ossia l' applicazione ad esse di sanzioni pecuniarie o penali.
La
punizione delle persone prostituite è prevista invece dal sistema
proibizionista che si concretizza in Italia nelle ordinanze dei sindaci che
infliggono multe alle peripatetiche in nome della decenza e del decoro,
concetti che non sono assolutamente
condivisi dalle femministe abolizioniste, alle quali nulla importa
dell'abbigliamento di chi pratica rapporti mercenari. L'imposizione del
versamento delle imposte, ossia la trasformazione dello Stato in sfruttatore
della prostituzione, rappresenta invece un carattere tipico dei sistemi neoregolamentaristi.
Un
governo che adotta un approccio abolizionista implementa corsi di formazione e
fornisce supporto concreto alla ricerca di un altro lavoro ed, eventualmente,
di un alloggio a chi desidera abbandonare la prostituzione, ma appronta anche
strutture che offrono assistenza sanitaria e psicologica a tutte le persone che
praticano rapporti mercenari e la cui fruizione non è condizionata all'uscita
dalla prostituzione.
L'istituzione
di un reddito garantito, una normativa che favorisca la libera circolazione
delle persone, il riconoscimento delle competenze delle migranti e quindi
l'offerta di una maggiore gamma di opzioni eserciterebbero una funzione di
prevenzione dell'ingresso nella prostituzione e di fuoriuscita dalla
stessa. Da subito andrebbe erogato un
reddito di esistenza alle donne che si prostituiscono e che desiderano
abbandonare l'attività.
Il
modello abolizionista prevede l'applicazione di sanzioni esclusivamente
pecuniarie (modello francese) o, in caso di recidiva, anche penali, (ma
raramente applicate) (modello svedese) ai soli clienti.
Il
principio importante che si intende affermare è che nessuno ha il diritto di comprare il corpo di
un'altra persona.
Tuttavia,
è abolizionista anche la posizione di chi, più che alle leggi, si affida e si impegna ad innescare un mutamento di
sensibilità anche attraverso l'informazione e l'educazione.
Un
governo abolizionista, inoltre, sanziona
qualsiasi forma di sfruttamento della prostituzione e non prevede certo la
conversione dei prosseneti in rispettabili imprenditori, a differenza di quanto avviene negli Stati
neoregolamentaristi.
Due
precisazioni sul blog
1) Potrei proporre anche la traduzione di alcuni
testi di cui non condivido qualche parola o frase. In tal caso porrò in rilievo
il mio dissenso da tali asserzioni.
2)
Pubblicherò la traduzione di testimonianze di prostituite o sopravvissute alla
prostituzione già presenti in rete. Non ricorrerò invece all'espediente di raccontare in prima persona le altrui vicende
biografiche per non tradire la fiducia di chi mi ha eventualmente confidato
fatti privati delicati, per non sovrapporre il mio punto di vista di
narratrice-protagonista a quello della persona in questione e, soprattutto, per
non sollevare dubbi sull'autenticità del racconto. Vorrei infatti evitare di
ingenerare il sospetto di inventarmi storie allo scopo di manipolare i lettori
e di indurli ad abbracciare le mie tesi.
Infine due parole su di me.
Mi chiamo Maria Rossi e ho già pubblicato articoli sulla prostituzione su altri blog (Consumabili, Femminile Plurale e Massimo Lizzi). Sono un'anticapitalista convinta e una femminista di orientamento materialista, una corrente francese che, con una certa approssimazione, potrei definire radicale-marxista, nel senso che attinge ispirazione da Marx e applica, rielaborandoli, concetti materialisti all'oppressione delle donne.
Aggiungo che tutto il femminismo materialista francese e canadese è apertamente abolizionista.
Aggiungo che tutto il femminismo materialista francese e canadese è apertamente abolizionista.
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